Dopo un quasi un anno dall’uscita, ragiono ancora sull’ultimo film di Nanni Moretti, Mia Madre.
Rimango ancora fedele alla mia idea: la sua non assunzione di responsabilità rispetto al suo fare registico, alla linea condotta fino a un determinato periodo.
Rivedendo il teaser, ascoltando le parole pronunciate, le immagini selezionate, dopo tanto tempo, mi rendo conto di come la sua è stata la forma più vigliacca e immatura per non ammettere un fallimento. Il non saper dire: “Ho una crisi, tutto quello in credevo è morto nel momento in cui ho aperto davanti agli occhi della perdita di una figura genitoriale importante, mia madre”.
Ripenso, da affezionata, morbosa, fan dei suoi film, a tutte le nevrosi (oggi stupidità) che ho assorbito convincendomi di quanto fosse divertente, impegnato, utopico (capriccioso).
In questo minuto e ventiquattro, sono psicologicamente in conflitto tutti i suoi personaggi con il suo essersi fatto uomo.
Non posso far altro che essere d’accordo con Enrico Ghezzi, che lo definitiva, già nel 2002, narcisista.
Benvenuto nel mondo dei grandi Nanni Moretti.
Attendo con impazienza la sua prossima mossa, da adulto.
Che sia un anno di maturità per tutti, auguri.
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