Torno su queste pagine in una veste totalmente inedita per gli ultimi periodi, quella per cui questo spazio è nato circa 13 anni fa. La grafica è tornata a essere essenziale, senza troppi stili. Non ho voluto stabilire qualcosa che fosse eccessivo, ma semplice, come mi sento io in questo momento.
La questione è tornare a essere una pagina dove confluiscono molte questioni della mia vita, che partono da spunti della cultura di cui mi nutro, ma con una distanza ben lontana da quella di partenza: avere una consapevolezza maggiore sul fatto che quello che dico in questo momento, magari, col tempo, si è liberato dai tratti tipici di una adolescenza di cui avevo ancora custodito qualche rimasuglio.
Da qui parto con l’argomento di cui voglio parlare: nasce da un podcast che sto ascoltando ogni mattina su Spotify. È curato da Camihawke e Alice Venuturi e intitolato Tutte le volte che. Tra le prime puntate c’è la questione dell’amicizia da trentenni, un argomento che mi ha toccato molto poiché mi ha portato a una bella e onesta riflessione sul quotidiano.
In pratica l’articolo riportato dalle due presentatrici del podcast afferma che, a una certa, quello che si costruisce sono conoscenze situazionali che non arrivano a una profondità.
Ho quarant’anni, ormai, con un cambio di amicizie spaventoso, seguito da adattamenti che derivano da forzature, tradimenti, semplici rotture per mancanza di interessi o scambi. E parto dal presupposto che nella vita non esistono legami duraturi e quelli che si riescono a mantenere sono davvero basati su un rispetto che non ha eguali nel tempo. Per me i colleghi non sono amici, ma qualcuno con cui portare avanti un progetto momentaneo con un obiettivo chiaro che dipende da noi nel suo andamento.
Al momento attorno ho gente nuova, incontrata per caso, senza forzature, con una gestione del tempo che non è di quelle appiccicose o simbiotiche. Funziono nella testa come quel pensiero che diceva il mio professore di psicologia all’università: con tutto e tutti si può comunicare, ma solo se e con chi si ha qualcosa da dire.
In sincerità non sono d’accordo con quel punto di vista dell’articolo, che poi riflette l’opinione delle due conduttrici che sono del mio stesso parere. Ad un certo momento ci si sceglie, non è questione di miscuglio proporzionato in base agli elementi più o meno fighi e di moda. Per me si è consapevoli del fatto che se si vuole avere una persona al proprio fianco è necessario uno sforzo maggiore per via delle nostre strutture mentali ormai consolidate, partire da fondamenta ben solide può fare una enorme differenza se si è consapevoli di cosa si è e cosa si vuole per il proprio presente.
Stabilire, al contrario, che ciò che si incontra è situazionale, mi fa ridere e lo trovo un po’ triste. Ma vi pare?
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