Ho preso talmente tante sberle in questi anni che ho imparato a non restituirle. Occorre una pazienza infinita, una feroce messa in discussione per stare in pace con se stessi.
Non tengo conto dei complimenti, li reputo irrilevanti, se ho fatto quello che ritenevo giusto, non ho niente di cui vantarmi.
È un dato fondamentale per chi vuole essere maturo nel proprio lavoro.
Di solito accade questo, cresci e cambi in uno o più ambienti, superi te stessa. Questo meraviglia te, come meraviglia gli altri. Il successo altrui per molti è fonte di disagio, ne parlavano pochi giorni i fa quelli di Tlon in un appunto sull’invidia.
Ho imparato a credere che il primo luogo di tradimento è la famiglia, il punto dove si inaugura la ribellione che è la tua conquista verso il mondo. Un luogo di lavoro è come una famiglia, quando sei dipendente. Significa che i colleghi, con i quali sei cresciuta, sono i primi che tenteranno di ostacolare la tua visuale quando farai un passo diverso dal loro.
Penso sempre alle prime avanguardie: quanti artisti sono rimasti nella memoria nonostante abbiano fatto di uno stesso gruppo?
Nessuno può stabilire cosa tu puoi vedere, importi il loro modo di vedere, avere l’autorità di scalfire la tua visione sul futuro, neppure quelli con i quali hai condiviso un panino ogni giorno.
Il lavoro è lavoro, l’amicizia non è lavoro. Siamo tutti diversi e proprio questa varietà di diversità garantisce esperienze nuove e plurivalevoli.
Mi spaventano tutte quelle persone che si settano su un unico argomento, fanno rete su un unico argomento, implodono e muoiono di quell’unico argomento, ma la colpa dei loro fallimenti è sempre di chi ha conquistato il proprio campo di azione mettendo una zampa fuori rispetto al loro regime quadrato.
Non amo il posto fisso, non sono tra quelli che vogliono entrare nella macchina statale a tutti i costi. Sarebbe come andare a tranciarmi un numero considerevole di possibilità.
Da anni perseguo la gig economy: fare più cose contemporaneamente, diverse tra loro, avere sempre molti stimoli e continuare a tutelare il mio pensiero: l’unica cosa che conta.
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