Davanti a questo lavoro di Sandro Visca avrei voluto essere assieme a Daniela D’Arielli per cercare di capire il suo punto di vista in merito a questa narrazione così costruita attorno a una sagoma che racconta L’Aquila in una cucitura.

Sono sono stata a visitare la Fondazione La Rocca di Pescara. Uno spazio da poco inaugurato – esteticamente perfetto – che si presenta nella sua prima inaugurazione con una mostra dedicata a Sandro Visca, a delle opere che mi hanno lasciato – appena entrata – un sentore di morte, azzeramento, negazione e imprigionamento.

Mi sono chiesta quanto ci fosse di contemporaneo alla vista dei lavori dell’artista. Una visita pensata per frammenti, dai mille rimandi, ma nessuno dei quali mi ha portato in profondità, a una leggerezza, al dialogo sul contemporaneo sulle società e sugli individui, alla velocità. Sono rimasta piuttosto in superficie, senza toccare niente, se non forme di repressione verbale e contenimento fisico dissezionato in cui la costante era data dalle altezze di quelli che sono considerati asparagi, ma che raccontano – secondo il mio punto di vista – un rapporto conflittuale coi poteri patriarcali e la distruzione.


In questa immensa opera di costruzione teatrale, un work in progress di una serie di set, pensata come spazi visivi chiusi e con dei limiti respingenti definiti dall’artista, rivolti al pubblico, a dei sistemi, la figura femminile esce a pezzi. È come se ci fosse un conflitto interiore tra maschile e femmine che sfocia nella esagerazione del colore che a volte interviene per spezzare tutto con parole, linee fluorescenti, tratteggi, a sottolineare qualcosa che si sommuove dal fondo, ma che non emerge.

Ma se l’artista stesso non permette di farsi guardare in profondità nelle sue opere che sono il mezzo espressivo più onesto per chi osserva, perché soffermarsi a fare altre valutazioni?
Fossi in voi ci andrei.












Sandro Visca – Inedito 2014-2022
a cura di Rita Olivieri
Fondazione La Rocca, Pescara
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