Dress code. La performance di Giuseppe De Mattia da Celeste Kunst, Lavapiù – Teramo #arte

Dress Code - Giuseppe De Mattia a cura di Celeste fino al 14 giugno 2023 Lavapiù - Celeste Kunst (TE) - ph. Amalia Temperini

Sono passati alcuni giorni dalla performance Dress Code di Giuseppe De Mattia a Teramo. È avvenuta lo scorso 7 aprile nello spazio Lavapiù – Celeste Kunst, dove è stato un cardigan – tra tutti i capi esposti – il vero protagonista della serata.

Presentava la raffigurazione di un suonatore jazz di colore, un tipo etichettabile in termini visivi al tizio della pubblicità delle caramelle Tabù di fine anni Ottanta, situato in una sorta di dimensione urbana, posizionato tra trame di colori dalle tonalità pastello molto di tendenza. Un pezzo unico, non solo perché lo ha reso tale l’artista con la sua opera di acquisto in un mercato locale, di lavaggio, pulizia e stiraggio, con il suo ripiegamento e impacchettamento davanti a tutti nel luogo di performance, ma perché, chi guardava, era attratto da quello che pareva essere un maglione unico, da possedere, e che alla fine è riuscito a strappare via una scrittrice in una sezione di capi a scelta.

Nel dialogo nato da Giuseppe De Mattia e Mariagiorgia Ulbar – i due artisti incontrati per caso e incastonati l’un l’altro nel rispetto di una logica di mercato pensata in una lavanderia a gettoni – si è contesa la possibilità di trattenere un prodotto che alla fine è stato ceduto a un prezzo accessibile di 5 €.

La comunicazione non verbale è stata la protagonista. È stata lì a dimostrare il valore effettivo di questo momento come di qualcosa che non poteva essere soppesato in termini economici per chi lo ha vissuto da testimone hic et nunc. Quel tipo di trattativa ha dimostrato una stima su qualcosa che entrambi si dovessero riconoscere nel rispetto dell’etica delle loro professioni, ma accaduto nelle vesti di venditore e acquirente, senza intermediazione di galleristi o altre entità legate alla logica di un sistema o di una fetta di mercato. A fare la differenza è stata anche la complessità di un lavoro emotivo, scaturito dal possedimento che emergeva rispetto a tutto il contesto fatto di persone che vagavano nella sala.

Che valore ha avuto questa negoziazione agli occhi di chi è stato testimone?
Il primo è stato di osservare due modi di rapportarsi all’oggetto che andava oltre il denaro. Giuseppe De Mattia che cercava di spostare un lavoro rigenerato, accarezzarlo con un sentore di desiderio e combattuto nel lasciarlo andare; Mariagiorgia Ulbar – una volta acquistato – lo ha stretto a sé come se avesse scelto qualcosa che tratteneva un potere che andasse oltre ogni genere di rapporto e trattativa, consapevole di avere scelto qualcosa che riconoscesse all’altro una dimensione affettiva.

La rete costruita in questo confronto, ha poi generato uno scambio, una promessa di riconoscenza che ha riguardato a sorpresa un terzo elemento non calcolato come regalo: un quaderno di deriva (2021).

Dove si è andati da questo momento in poi?
È qui che si è stabilita una dimensione artistica rafforzata e avvenuta spezzando il legame che si era instaurato in precedenza con una rinnovata mercificazione di un oggetto? Che tipo di incontro è accaduto? E che tipo di esperienza unica si è generata una volta rotto l’incantesimo della vendita?

Verrebbe da riflettere su quanto la proporzione economica e artistica siano importanti, e che senza la prima, la seconda non potrebbe sussistere, neppure con pochi centesimi di euro, ma se su quest’ultima si potesse costruire la possibilità di una nuova intermediazione che rimettesse in discussione il ciclo della vita di un prodotto culturale, che incantesimo potrebbe ancora accadere in una dimensione di performance?

Dress Code – Giuseppe De Mattia
a cura di Celeste
fino al 14 giugno 2023
Lavapiù – Celeste Kunst (TE).

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