La forza della fotografia.
Opere dalla Collezione Museion
Fino al 17/09/2017
Oggi tutto esiste per finire in una fotografia.
(Susan Sontag)
Museion propone un viaggio attraverso oltre cento opere di trenta artisti dagli anni ’60 ai giorni nostri.
I lavori, selezionati tra gli oltre 500 dalle raccolte Museion- sono entrati a far parte della collezione in occasione di mostre o appartengono a due importanti prestiti a lungo termine, l’Archivio di Nuova Scrittura di Paolo della Grazia e la Collezione Enea Righi.
La messa in scena di sé stessi e del proprio corpo, l’identità, la condivisione della vita intima e privata sono alcuni dei temi proposti dalla nuova mostra. Le tematiche – di grande attualità nell’epoca dei selfie e della comunicazione digitale – sono trattate alla luce di opere di artisti di fama internazionale e di diverse generazioni, da Wolfgang Tillmans a Vanessa Beecroft, da Gilbert & George a VALIE EXPORT, da Michael Fliri a Nico Vascellari. Una speciale sezione nella collezione studio, a cura di Andreas Hapkemeyer, è dedicata alla fotografia politica nel senso più ampio del termine.
Dalla “Forza della fotografia” emerge quanto la fotografia rappresenti la fluidità tra generi e media, tipica dell’arte di oggi. In questo senso, completano l’esposizione diversi video e sculture, in dialogo con le opere fotografiche.
Le fotografie non attestano soltanto ciò che c’è, ma ciò che un individuo ci vede, non sono soltanto un documento, ma una valutazione del mondo“. La visione fotografica e quindi il nuovo modo di vedere le cose attraverso la fotografia esposto da Susan Sontag pervade il lavoro di Roni Horn (1955, USA), che apre il percorso della mostra. In Cabinet of (2002) il visitatore è “accerchiato” da 36 ritratti di clown esposti lungo le quattro pareti della sala. Il volto da pagliaccio emerge sfuocato da uno sfondo algido e mostra espressioni simili e diverse, ludiche e inquietanti allo stesso tempo. Lo spettatore è invitato interrogarsi sull’identità riguardo a un soggetto che non ne ha una definita, perché è una maschera, e quindi a ripensare l’atto del guardare, come se si dovesse imparare a farlo nuovamente, prescindendo da conoscenze già acquisite.
Rivolgendo lo sguardo a un’immagine tendiamo automaticamente a incorniciarla, classificarla, “metterla in ordine”. Ciò che non consideriamo normale è difficile da accettare ed è definito deviante. Su questi aspetti riflettono i lavori di Zoe Leonard (1961, USA), in mostra con Preserved head of a bearded woman (1991). Anche qui il soggetto rappresentato è senza identità: cinque stampe alla gelatina d’argento mostrano una testa femminile barbuta sotto vetro, esposta al Musée d’Anatomie Delmas-Orfila-Rouvière di Parigi come esempio scientifico di “forme biologiche devianti”.
Corpi o parte di corpi che provocano repulsione e spavento, ma anche che seducono, sono quelli spesso rappresentati nelle opere di Jana Sterbak (Praga, 1955). Questo accade, per esempio, in Cone on Hand (1979-1996) fotografia di un braccio nudo che termina in una protesi formata da un metro a nastro, allusione alle norme e sistemi di misurazione a cui è sottoposto il corpo nella vita pubblica. Di Sterbak è in mostra anche un oggetto, Trichotilomania (1993-96), che si riferisce a un disturbo del comportamento caratterizzato da un irrefrenabile impulso di tirare e strappare i capelli.
La rottura con le convenzioni sociali e i tabù sono al centro di molti lavori in mostra, come quelli di Zanele Muholi (Durban, Sudafrica, 1972), attivista lesbica che con il suo obiettivo trattiene aspetti delle comunità omosessuali e transgender in situazioni di vita domestica e privata giudicati generalmente inguardabili. In altri casi la rottura delle convezioni avviene attraverso il gioco delle identità maschile e femminile e quindi il travestimento. È il caso di … here ? from “The King of Solana Beach”, 1974-1975 di Eleonor Antin (New York, 1935), che ritrae l’artista travestita da uomo mentre cammina in un villaggio di San Diego – in mostra anche il video relativo. Sempre il travestimento è al centro del lavoro di Michael Fliri (Tubre, 1978) che alla Antin si è ispirato per il suo From the Forbidden Zone, performance in cui si traveste da un essere ibrido simile ad una scimmia.
Nelle opere di Antin e Fliri emerge l’utilizzo della fotografia come mezzo ibrido per fissare aspetti delle proprie azioni. È un percorso che ha avuto inizio negli anni sessanta e vede il corpo dell’artista al centro di molti – in mostra diversi esempi di azioni e performance storiche. È il caso di Günter Brus (1938, Austria), uno dei principali esponenti dell’azionismo viennese, in mostra con Selbstbemalung II, 1964, autopitture, in cui l’artista impiega il proprio corpo come supporto pittorico davanti al pubblico. Gli interventi di Brus possono essere accostati alla fotografia in bianco e nero di Arnulf Rainer (1929, Austria), che interviene sui suoi autoritratti fotografici con “sovrapitture”, cancellazioni e segni che accentuano, danno dinamicità a un movimento irrigidito.
Il corpo in relazione allo spazio e quindi l’indagine di un sé frammentato sono al centro delle Körperkonfigurationen di VALIE EXPORT(1940, Austria), in cui l’artista si adatta fisicamente a un elemento architettonico – un marciapiede, l’angolo di un edificio o una scalinata – e mira così a rendere visibile l’adeguamento del corpo ad agenti esterni. La postura rivela anche uno stato d’animo interiore, un sentimento o una ferita emotiva. Il tema della ferita e in particolare dell’abuso sui minori è al centro dell’opera di Niki de Saint Phalle (1930, Francia) tratta dal film Daddy (1972) in cui l’artista punta il fucile verso lo spettatore.
Dagli anni ottanta in poi gli artisti impiegano la fotografia come narrazione e per la costruzione di realtà, rimettendo in scena fotografie già esistenti,. È il caso di Douglas Gordon (Glasgow, 1966) che in Hollywood Blind Stars Series manipola fotografie di stelle del cinema trovate su internet, e le priva di occhi e bocca con tagli o bruciature. La visione di chi guarda e quindi lo sguardo adorante nei confronti delle icone di Hollywood è così destabilizzato.
“C’è una grande differenza tra scattare una foto e fare una fotografia” (Robert Heinecken). L’interesse – molto attuale- per la fotografia come immagine seriale, povera e senza qualità è al centro del lavoro “Lago Morto”, 2011, di Nico Vascellari (1976, Italia). Qui l’artista ha invitato il pubblico a documentare con una macchina usa e getta tutti i concerti della sua band “Lago Morto” nel 2009. Le immagini, sono state tutte pubblicate, senza esclusione alcuna, nell’opera in mostra, che diventa una sorta di scultura punk sociale.
I lavori fotografici di Wolfgang Tillmanns (1968, Germania) – presente in mostra con Bakerloo Line, 2000 e Adam’s Crotch, 1991 – trasmettono un’idea di immediatezza e quindi di un mondo a cui si accede per immagini, di un insieme mai concluso e sempre aperto. L’appoccio dell’artista tedesco è emblematico per la collezione Museion come „un „insieme frammentato, ma anche fluido, presentato in continui ri-allestimenti e ri-posizionamenti al fine di permettere sempre nuove riflessioni e ri-contestualizzazioni. Al contempo la collezione, indipendentemente dall’avvento dei social media, ma indubbiamente anche grazie al loro ausilio, deve essere un luogo accessibile, condiviso con un pubblico che deve poter essere messo in condizioni di “connettervisi” così Letizia Ragaglia, direttrice di Museion e curatrice della mostra.
Sezione “Fotografia e politica” nella Collezione studio
a cura di Andreas Hapkemeyer
Una speciale sezione ospitata negli spazi della Collezione studio è dedicata alla fotografia politica in senso ampio. Partendo da principi riconducibili al cubismo, al dadaismo, al surrealismo e ai manifesti sovietici, materiali provenienti dai mass media e ripresi con le modalità del ritaglio o del collage sono tradotti nel proprio tempo e sviluppati adeguandoli alle nuove condizioni storico-sociali. Il potenziale critico, espresso dalla combinazione di fotografia e testo, costituisce un tratto specifico dell’arte politica: non ci si limita a mostrare qualcosa attraverso un’immagine, ma si indicano responsabilità concrete, si esprimono esortazioni senza mezzi termini. I lavori esposti sono organizzati secondo i seguenti nuclei tematici: Informazione e agitazione (John Heartfield, Klaus Staeck) ; Rivoluzione sessuale (Otto Muehl, Daniele Buetti) ; Rivoluzione poetica (Michele Perfetti, Sarenco, Eugenio Miccini, Lamberto Pignotti, Paul de Vree) ; Lager e memoria (Heimrad Bäcker, Rossella Biscotti, Santu Mofokeng) ; Mondo naturale e mondo tecnicizzato (Gianpietro Fazion, Hans Glauber, Hamish Fulton, Walter Niedermayr) ;Mondo globalizzato (Olivier Menanteau, Matti Braun, Liu Ding, Brigitte Niedermair).
Artisti in mostra.
Eleanor Antin, Vanessa Beecroft, Günther Brus, Letizia Cariello, Marcel Duchamp, VALIE EXPORT, Michael Fliri, Isa Genzken, Gilbert & George, Nan Goldin, Douglos Gordon, Roni Horn, Joan Jonas, Elke Krystufek, Ketty La Rocca, Zoe Leonard, Ana Lupas, Santu Mofokeng, Zanele Muholi, Brigitte Niedermair, Luca Patella, Arnulf Rainer, Lili Reynaud Dewar, Niki de Saint Phalle, Jana Sterbak, Wolfgang Tillmans, Nico Vascellari, Francesco Vezzoli
Collezione studio
Heimrad Bäcker, Rossella Biscotti, Matti Braun, Daniele Buetti, Paul De Vree, Liu Ding, Gianpietro Sonō Fazion, Hamish Fulton, Hans Glauber, John Heartfield, Olivier Menanteau, Eugenio Miccini, Santu Mofokeng, Otto Muehl, Brigitte Niedermair, Walther Niedermayr, Michele Perfetti, Lamberto Pignotti, Sarenco, Klaus Staeck.
In occasione della mostra verrà pubblicato un catalogo trilingue (ita/deu/eng) edito da Museion con testi di Andreas Hapkemeyer, Letizia Ragaglia e Simone Menegoi.
Info
La forza della fotografia. Opere dalla Collezione Museion
a cura di Letizia Ragaglia
La sezione della Collezione studio è a cura di Andreas Hapkemeyer
Apertura mostra 25/11/2016 alle ore 16.00 nell’ambito della lunga notte dei musei
Fino al 17/09/2017
Orari di apertura: da martedì a domenica ore 10.00 – 18.00.
Giovedì 10.00 – 22.00, con ingresso gratuito dalle 18.00 e visita guidata gratuita alle 19.
Ogni sabato e domenica ore 14-18 “dialoghi sull’arte” in mostra.
Lunedì chiuso.
Ingresso: 7 Euro, ridotto 3,50 Euro.
Museion
Piazza Piero Siena 1
39100 – Bolzano
Contatto ufficio stampa Museion
caterina.longo@museion.it
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Membro di AMACI, Associazione Musei d’Arte contemporanea italiani
*Comunicato stampa
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