Shirley Jackson aveva catturato la mia attenzione quando è uscita la serie tv Hill House. Non ho una grande passione per i thriller, gli horror e quanto possa agitare l’animo umano, ma la guardai volentieri, mi chiesi se la sua scrittura fosse decisa quanto le immagini che mi avevano trasportato in quell’incubo.
Ho intrapreso questo viaggio di Abbiamo vissuto sempre nel castello pochi giorni fa, per iniziare e capire se la scrittura dell’autrice fosse nelle mie corde. La storia è di due sorelle e uno zio, vivono richiuse in un casa che è una sorta di castello, isolate dal resto del mondo.
Capire i motivi per i quali la protagonista è radicale, nelle prime pagine, lascia interdetti. Arriva proprio l’odio di chi ha subito un torto che riesce a svelarsi solo nel corso della lettura. Zio Julian e Costance sono le uniche persone vicino a Merricat, grande osservatrice attenta a ogni movimento della sorella.
Non sopportano le presenze. Riuscire a districarsi tra chi è vivo, chi è morto è la parte più intrigante di ogni pagina. Chi ha letto Carrie di Stephen King o ha visto il film, capirà cosa intendo dire quando parlo di radicalità e di distacco.
La famiglia Blackwood è additata e bombardata per un fatto estraneo al lettore. È il trasporto la chiave di impostazione. Non esiste paura, non esiste necessità di abbandono dal libro per scene spaventose. È qualcosa di subdolo e sottile, che lavora a un livello profondo, come se quello che hanno vissuto quei tre protagonisti fosse una cosa normale.
Chi legge è un osservatore complice su una routine che di normale ha ben poco.
Mi sono ripromessa di scegliere altri titoli della scrittrice.
Qualcuno ha da consigliarmi qualcosa di preciso?
Shirley Jackson
Abbiamo sempre vissuto nel castello
Adelphi, 2009
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