Sono passate un po’ di settimane dalla visita a Palazzo Strozzi nel mio ultimo viaggio a Firenze per la mostra Nel tuo Tempo di Olafur Eliasson a cura di Arturo Galansino.
Parto dal presupposto che sono entrata con quel senso di sbilanciamento che mi sta attraversando in questo momento, dovuto agli anni di clausura pandemica dove il desiderio di vivere ha sempre cercato di irrompere rispetto alla paura che arriva da più zone capillari, e quando parlo di questo, vorrei includere le catastrofi naturali, quelle dovute alla guerra in Ucraina, la massificazione e la virtualizzazione continui, gli scenari ingarbugliati e interminabili che creano caos nel modo di vivere il mondo adesso.


È proprio in questo scenario grigio che si apre l’intero processo di Olafur Eliasson: un camminamento composto da finestre reali – o pensate per essere tali – dove si è spiati e protagonisti di un qualcosa che si rivela essere distorto, buio e perfetto. Si tratta di una ricerca estetica che richiama in maniera sapiente la cultura visiva europea sfruttando le grammatiche architettoniche e artistiche del Medioevo e del Rinascimento e narrate dall’artista in argomenti di facile identificazione – come ad esempio le strutture di pale di altare – nei vari spazi dal progetto immaginati per la storia di chi lo attraversa.



Nel tuo presente è una mostra relazionale. Quello che si visualizza è un viatico continuo di dimensioni che oscillano nell’uso della luce. Si tratta di un breve viaggio in un’atmosfera surreale in ambienti che modificano la percezione del tempo e dello spazio. Si è dentro o si è fuori? Si è al centro? Accade in Beauty, un lavoro del 1993, che emula l’ingresso in un altro scenario che si rivela essere nelle mani del pubblico che lo vive come compimento di qualcosa che potrebbe essere riconducibile alla realtà, ma non lo è, piuttosto è ricordo, stupore e meraviglia di qualcosa di abbandonato tra le proprie esperienze come avviene nel caso di questa semplice pioggerellina che spezza la dimensione di aspettativa e quella visiva nell’attraversamento del pubblico.

La cosa più interessante è che si è sempre consapevoli di dove si è, di cosa si vive, della gioia che ti coinvolge, ma le luminosità accecanti e continue falsificano le connessioni con gli ambienti circostanti, ne condiziona la prospettiva di contatto con le altre persone presenti in quella stessa visita.
Nel piano sotterraneo della Strozzina il visitatore entra realtà virtuale e anche lì il movimento potrebbe essere apparente e non completo. Se ci si pensa bene è la mente a stabilire un confine, dove collocarsi: si è a conoscenza del fatto che si è immersi in qualcosa dove il corpo stesso è parte di questa ricerca, ma essa è bloccata dalle possibilità di incontro con le persone. Nella virtualità, nel comprendere dove si è e che cosa si è dentro quella nuova condizione spazio- temporale che gestisci tu, con le tue stesse mani, non c’è ancora periodo di relazione e socialità con gli altri eppure non siamo siamo già nel metaverso?


Nel tuo tempo allora è pura illusione, sbilanciamento e costruzione, sembra di essere in una mega dimensione di epoca moderna dove il colore sfruttato dagli artisti rivestiva di piena luce le statue dei santi in figure che condizionavano le interpretazioni di chi, senza istruzione, si apprestava a vivere le vicende narrate dalle autorità religiose attraverso l’uso sapiente della voce e nella cultura orale. Allora il punto è qui: a Firenze, Eliasson, ci sta dicendo che siamo noi il visivo? siamo noi quelle pitture e quelle sculture che riempivano i luoghi del sacro da rimodellare per esprime quella voce dall’alto? Ma qual è quella voce che non si identifica?


Nel tuo tempo è una mostra che porta il pubblico a essere invaso da stati diversi, giochi di specchi, alla ricerca continua di se stessi senza avere una definizione su un sé che unisce corpo, mente e lascia come parte esclusa l’anima: la dimensione spirituale.
È forse questo il punto?


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Nel tuo tempo – Olafur Eliasson
A cura di Arturo Galansino
Palazzo Strozzi, Firenze
Fino 22 gennaio 2023
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