Visto circa un mese fa, mi sono data del tempo per riflettere su questo artista statunitense famossissimo, vissuto fino al 2011 tra Italia e America e con l’attivo mostre in tutto il mondo. Si tratta di una produzione distribuita su SkyArte e NowTv che ha concorso a numerosi festival di cinema dedicati all’arte contemporanea la cui regia è a firma di Andrea Bettinetti.
Quello che si racconta è un viaggio intimo e di osservazione sulla vita di Cy Twombly, narrato per buona parte dalla figura di Nicola Del Roscio, presidente della Cy Twombly Foundation.
Il film non tralascia i momenti bui vissuti dall’artista, mette in evidenza certe asprezze affiorate nel momento in cui la Pop Art è arrivata in Italia alla Biennale di Venezia nel 1964 e la sua esplosione nel mondo grazie al supporto del gallerista Leo Castelli. Quanto avrebbe potuto il suo segno essere considerato pop? Molti delle sue passioni arrivavano dall’epica, dalla storia dell’arte antica e dalla letteratura.


Il quadro di Cy Dear è un percorso unico, di una personalità votata a sé e al suo fare. Interessante la differenza descritta tra il modo di lavorare e l’approccio personale nel paragone che si sviluppa con l’operato dell’amico Robert Rauschenberg.
Mi stupisce una cosa, come sia stata tralasciata la parte della sua vita dove è stato chiamato a essere crittologo per l’esercito americano, quanto un’attività di questo tipo potrebbe essere stata utile nello sviluppo del suo codice?
Cy Dear non risponde alla totalità del percorso creativo di Cy Twombly è una infarinatura generale, un ricordo che si fa testimonianza tra quelle persone che hanno collaborato e vissuto con lui, a stretto contatto, come fedeli e sinceri amici.
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