Quando visito una mostra, vado da sola.
È importante il primo colpo, se arriva, arriva. Se la struttura è viva – nelle mie corde – l’articolo è già nella testa assieme agli argomenti, sono pronta a sedermi e scrivere.
Mi fido molto delle mie emozioni.
È raro che chieda aiuto a qualcuno, quando visito uno spazio, non mi piace parlare con gli artisti, non mi piacciono le inaugurazioni o le tavolate di gente sconosciuta. Non ho niente da condividere con gli estranei e non sono lì per quello.
Quando ho emozioni negative, significa che qualcosa non ha funzionato. È un dato utile. Parto dal presupposto che una buona mostra deve fluire senza l’aiuto di nessuno. Se faccio richiesta di supporto, qualcosa è inaccessibile, ho la possibilità di farmelo spiegare e pago questo servizio.
Il problema è mio, l’argomento è fuori dalle mie corde, mi annoia.
Il problema è del luogo/artista che ha sbagliato la comunicazione.
Chi e cosa, sempre a mente. Bisogna reagire a un disagio interiore che arriva da sé, ma anche dall’esterno, da chi ha generato la macchina.
Spesso sento dire che l’arte è una cosa inaccessibile e difficoltosa. È vero, lo è, sarebbe stupido affermare il contrario, soprattutto se si parla di contemporaneo. Occorre uno sforzo mentale importante per entrare in sincronia con chi ha creato e ha pensato a comunicare ciò che voleva dirci. Occorre uno sforzo mentale adeguarsi ad argomenti sconosciuti, che anche noi, come quegli artisti, stiamo attraversando.
Se qualcosa è sbilanciato, ci fa sentire inadeguati, non può essere altrimenti, ma possiamo sempre reagire e i modi sono tanti, milioni di milioni, come dice le Negroni dei suoi salumi 🤣
Quando sono stata a Londra, al British Museum, il gotha dell’archeologia e della storia del mondo, pensavo al paninaro situato fuori dalla porta d’ingresso, al sandwich con salsiccia e cipolla meravigliosi.
Non ho mai amato questi argomenti, sono fuori dalle mie corde. Le emozioni erano positive, ma le sensazioni no.
Il problema era mio, non del luogo. Sapevo, ho visto, mi sono stupita di quanto fosse potente, ma avevo fame.
Il paninaro all’uscita non c’era più, meno male che sono entrata.
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