Ieri sera mi ha colpito un commento che ho ricevuto nel post precedente. Quello che si percepisce del mio stato è la forte incertezza. Ho trovato molto onesto che qualcuno me lo dicesse senza paura.
Da giorni mi trovo a riflettere su alcune questioni personali. In particolar modo sul concetto di risentimento. Mi accade molto spesso a contatto coi social network, con persone che ho scelto di non frequentare più, di allontanare dalla mia vita e di cui vedo morte e miracoli nella condivisione delle loro esistenze on-line.
Lo stato che provo nel profondo è di disagio interiore, un dolore ancora fresco e non ancora rimarginato di cui ho difficoltà a liberarmi.
Per essere onesta con me stessa, ho bisogno di ammettere che questo è un problema mio ed è ovvio che dentro di me ci sono emozioni che combattono e cercano di resistere a questioni più profonde che non voglio affrontare, ma proprio per questo conviene scriverle nella maniera più semplice per iniziare a trovare una consapevolezza maggiore su quello che mi percuote nell’anima e che non è colpa degli altri.
Cosa provo esattamente? Uno stato di agitazione incontrollabile quando mi trovo a contatto con situazioni lontane da me, dalla mia vera natura. Ho difficoltà a capire le loro provenienza e questo non accade spesso, ma a contatto con persone che per me sono dannose e lasciano sensazioni negative di stordimento e di cui ho difficoltà a comprenderne i sentimenti.
Un campanello di allarme che a volte non voglio ascoltare e sul quale ciclicamente mi ritrovo. Significa che questo è un modello comportamentale che esercito e di cui mi nutro nella maniera più distruttiva possibile. Nella realtà tutta questa diffidenza la siluro, ma quando mi trovo a contatto con questi ambienti virtuali la mancanza dello sguardo mi stressa e rende impotente davanti a cose che non hanno consistenza di esistere.
Io mi arrabbio perché non capisco cosa accade e questo mi fa implodere. Col tempo ho imparato a controllare molti dei miei stati.
Da figlia unica i difetti sono sempre enormi: gelosia, possesso, senso di proprietà, cose che esternavo rigettandole sugli altri quando ero adolescente ma che oggi ho imparato a controllare per relazionarmi a chi è diverso da me,
Un mio punto di forza è la capacità di arrivare al dunque e dire come stanno le cose. Si tratta di situazioni professionali che non tollero e dove questo modo di fare mi fa ribollire il sangue quando avverto poca attenzione, assenza, dissimulazione, silenzio e chiaramente cazzate che sento raccontarmi.
Con le donne non ho problema a spezzare la catena di menomazione mentale, il dramma accade con gli uomini che sono veri e propri maestri di abusi e manipolazione. Questo non significa che ognuno è narcisista perverso, ma una buona parte di quello che vedo è l’incapacità di esprimersi in modo diretto, estrapolare ogni volta dai discorsi codici interpretativi che vanno decodificati e dove tu, solo tu e sempre tu, hai capito male e sei in torto.
Posso ammettere di essere stanca?
Sto seguendo un corso di formazione sulla differenza di genere nelle relazioni. A questo incontro ci sono persone di ogni tipo, professionisti dei vari settori, ma molte donne che si occupano di pari opportunità e di avvocatura. Certe volte mi rendo conto, nel sentirle parlare, di come la loro formazione legislativa, sul campo, le renda più assertive,
Mi piace tantissimo questa relazione con le cose, dico di avere il giusto distacco che manca al mondo della cultura e della comunicazione, soprattutto negli ambienti a ciclo chiuso come l’arte.
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