Certe volte ci si sente un po’ schiacciati, posizionati nella vita come l’ordine di questi libri in copertina che ho fotografato alle 4 del mattino.
Quando ho letto che Teresa Ciabatti fosse stata esclusa dalla cinquina in lizza al Premio Strega, sono rimasta sconvolta.
Mi sono fermata un attimo a riflettere su come un’autrice così potente – così radicale – potesse essere stata lasciata fuori a un passo da quella che sarà la finale stabilita per il prossimo 8 luglio.
La leggo da anni, ho letto, non tutti i suoi libri. Sono consapevole di chi ho davanti, qual è la sua voce, il grado di sconvolgimento che la sua scrittura riesce a generare a ogni nuovo libro, ogni suo articolo. Lei tira fuori personaggi che rimangono a strillare il proprio ego. Ricordano che anche tu, sei stata quella materia lì, hai sofferto a quella maniera, con quello stesso grado di violenza e dolore, in alcuni momenti della tua esistenza.
Io ho scelto Teresa Ciabatti, al contrario di molti, in questi anni, proprio per mettermi in discussione davanti al grado dei miei problemi.
Tu dici, acquisti un libro per soffrire e incazzarti?
Si, certo, ma questo dipende dal grado di attribuzione che stabilisci di dare alla letteratura.
A me lei ricorda chi sono stata e come posso migliorare. E chi più di un’autrice che ti pianta davanti l’urlo di una generazione intera può riuscirci?
Ho sempre pensato che Teresa Ciabatti fosse in anticipo rispetto ai tempi. Nel senso che, quando non si parlava ancora di narcisismo manipolatorio, lei era già qui, in anticipo, a raccontare che questo materiale sarebbe stato l’elemento della resa dei conti sul nostro presente.
La narratrice del suo ultimo libro (Sembrava Bellezza, Mondadori, 2021), ad esempio, schiaffeggia il lettore, percuote tutte noi donne, dice apertamente che l’adolescenza per le ragazze degli anni ’80 è stata una mancanza di ascolto, una voce soppressa rimasta incastrata in una botola. Racconta una verità enorme di un Paese intero che lotta con alcuni grandi temi sociali da sempre irrisolti e indagati dalle TV. Lavora sull’immaginario e sulla percezione.
È troppo, questo è il punto.
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