Ho appena terminato un articolo a firma di Stefano Bucci visto in anteprima sulla applicazione di LaLettura del Corriere della sera.
Lo scritto è molto breve, afferma che, visti i tempi della pandemia e le disposizioni di legge, i luoghi di riscoperta dell’arte, come accadeva nel passato, nella loro funzione sociale ed educativa, sono le chiese. Segue una carrellata di segnalazioni di opere in tutta Italia, in una difficile selezione di spazi che rappresenta un unico elemento per ogni regione, una mappatura del tutto personale, in cui viene evidenziato anche il ruolo della Cei nei suoi censimenti sul patrimonio culturale dei luoghi del sacro.
Ho apprezzato molto questo gesto e penso che dal punto di vista della conoscenza, chi non ha informazioni su alcuni spazi, abbia nuove opportunità di incontro, ma quello che mi fa riflettere è un’altra cosa.
Le persone, adesso, da chi sono seguite e come si relazionano alle arti una volta che entrano in questi luoghi ricchissimi di storia del visivo ma pieni di restrizioni dovute Covid?
A questo punto, più che una funzione di osservazione per guardare quello che potrebbe essere un bello del tutto soggettivo, penso a come sia cambiato il rapporto tra chi fruisce e chi informa. Suppongo che un lettore medio di questo inserto abbia una grande capacità di capire o distinguere quei linguaggi, cioè si trova nella condizione di avere più strumenti necessari per decostruire dei codici che risultano ancora oggi complessi anche per chi conosce la grammatica della storia dell’arte antica, moderna e contemporanea.
Per tutti gli altri cosa succede?
Nel momento in cui viene a mancare una componente laica nel discorso, una guida esterna, come quella di un mediatore, cosa accade in chi guarda?
L’invito dell’articolo è di sfruttare le chiese come palestre gratuite di allentamento per prepararsi al ritorno e all’apertura degli spazi museali.
Io credo che, musei e luoghi di culto, siano due organizzazioni differenti, e seppure ci sia la buona intenzione nell’intento del messaggio composto da Stefano Bucci, le opere d’arte custodite in esse, hanno un ruolo completamente diverso da quelle acquisite e contestualizzate in una istituzione culturale pubblica o privata,
E questo è un dato importante.
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