Sono alcuni giorni che rifletto sulla mia condizione di donna; accade molto spesso che mi confronto con una mia cara amica su questo tema. Entrambe ci troviamo a leggere dei libri che trattano argomenti dedicati alla maternità o di figure femminili sottomesse alla visione del mondo maschile/patriarcale. Ci siamo ritrovate a dover ammettere che una delle questioni che ci devasta come genere è quello del condizionamento sociale.
Esiste un problema di fondo, che è dilagante, secondo il quale se non sei madre o senti la necessità di essere moglie, sei considerata per molti una persona problematica o incapace di avere delle relazioni: perché è impossibile non volere dei figli o è impossibile non sposarsi quando l’età avanza e il tempo scorre inesorabile come una trappola. Questo tipo di commenti – che ritengo sprezzanti – sono spesso lanciati dalle donne, e per mio conto, affermo che imbestialisce le relazioni portandole al collasso e a una forte sottovalutazione della presenza di violenza psicologica che può esserci stata dietro ogni singola nostra singola storia.
Mi auguro di riuscire, nelle prossime settimane, a parlare su queste pagine di alcune letture che sto portando avanti. Si tratta di vari generi letterari che mi hanno risucchiata e sui quali sto aprendo gli occhi in maniera molto acuta. Tra quelli più interessanti e difficili esiste un volume dedicato agli scandali in Vaticano. Si tratta di una inchiesta di un sociologo francese che per quattro anni ha intervistato sacerdoti, prelati e alte cariche della Chiesa cattolica di tutto il mondo. Il suo punto di vista è una indagine che si basa sulla omofobia e sulla corruzione interne a quel sistema. Ogni volta che lo apro, ho sempre questa domanda fissa nella testa ed è legata alla spiritualità e alla immagine cui siamo sottoposti da una vita: cosa hanno in comune con me, donna, Gesù Cristo e la sua figura? come cambia la nostra percezione se sappiamo che quella che hanno scelto di farci guardare ad ogni angolo su ogni muro, delle nostre case, uffici e istituzioni è una rappresentazione di un uomo durissima e violenta?
Il suo è messaggio potentissimo e unico, ma in che modo è utile alla mia persona? in cosa mi rappresenta oggi? L’unica motivazione che riesco a darmi è la possibilità di non arrivare a quel tipo brutalità e di trascinare la mia croce personale fino al punto di fermarmi un attimo prima, scegliere di non soffrire come ha vissuto lui, in una esistenza che ha rivoluzionato il mondo della religiosità, ai suoi tempi, tanto da segnare ancora i nostri giorni.
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