La seconda tappa aquilana non era stata calcolata, grazie ad alcuni amici incrociati per caso, mi sono aggregata alla loro visita che prevedeva una capatina al MuNDA – Museo Nazionale d’Abruzzo.
Si tratta di una delle realtà più importanti che abbiamo in regione. Uno spazio, che prima di vedere allestita la sua raccolta all’interno dell’ex mattatoio comunale, a seguito del terremoto 2009, aveva la sua sede principale nel Castello Cinquecentesco della città.
La collezione si sviluppa in un allestimento che prevede 6 sale. La raccolta prende in considerazione beni di epoche storiche antiche, passa dal Medioevo al Quattrocento, arriva ai nostri giorni, con uno spazio per mostre temporanee.
La disposizione dei materiali custoditi porta il visitatore ad avere un quadro ricchissimo sulla presenza di istituzioni religiose. La presenza sacra di un femminile associato alla figura della Vergine. L’incisività di una scultura lignea che ha plasmato la memoria collettiva, che è poi frutto del nostro immaginario.
Mi interessa far emergere la sezione dedicata alla donna. L’Abruzzo è stata una regione di passaggio, confine e ponte che collegava più realtà territoriali. La scultura lignea ha una tradizione diversa, sviluppata come minore rispetto alle altre tecniche, centrale nella costruzione dei programmi di comunicazione religiosa di matrice popolare.
Quello che si ha di fronte è un materiale povero, policromo – ricco di colori – vivo dal punto di vista delle tonalità. Lo scopo era di sedurre –impressionare chi guardava – gli animi più semplici – con scarsa possibilità di istruzione. Un altro motivo è il controllo dell’alto tasso di prostituzione, cioè monitorare le azioni delle donne attraverso un modello di riferimento inserito in un programma iconografico preciso. La bellezza femminile – raffigurata in tempo medievale – lottava tra l’idea di Eva – corpo e peccato – e Maria – purezza e grazia.
L’Italia centrale è stato il fulcro di questa produzione, i maestri intagliatori più accreditati e riusciti a identificare si sviluppavano in tre realtà principali: Toscana, Lazio e Umbria.
Ogni codice di elaborazione racconta una tradizione precisa nella rappresentazione del culto mariano, questo dipende dalle inflessioni di gusto, dai poteri politici e religiosi, di ogni periodo. Complessità che vedono gli studiosi dell’arte specializzati accapigliarsi in una lotta eterna nella decostruzione di codici che raccontano anche la storia d’Abruzzo.
Tralasciando queste notizie frammentarie, importanti per capire i motivi per i quali siamo così, mi sono chiesta se e quanto questa donna mi rappresentasse oggi. Amalia – come tutte le figure femminili di questa contemporaneità – è associabile a quella donna in trono che ha in braccio un bambino?
Io credo che la presenza di una immagine così potente – Maria Vergine Madre di Dio – è necessaria a uno scardinamento. Bisogna avere un punto da cui partire per poter ricalibrare il senso del proprio femminile, sulla base della autodeterminazione.
Tu che ne pensi?
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