La pazza gioia di Paolo Virzì + Youth di Paolo Sorrentino #recensioni [FILM]

Immagine presa dal web: http://www.nonsolocinema.com/

Torno per un attimo alla vecchia formula, sono stata troppo in silenzio negli ultimi tempi. Il materiale pubblicato è legato ad altro, un percorso differente e complementare della mia carriera professionale.

Quest’anno ho dedicato poco tempo ai film, ho evitato di andare al cinema. Una scelta ponderata, di risparmio, che da Carol di Todd Haynes è arrivata fino a La pazza gioia di Paolo Virzì, lasciando un buco in mezzo che non sento profondissimo. Ho scelto di pagare, per vedere, lavori con donne protagoniste, raccontante in modo diverso, in contesti  differenti, su temi eloquenti e attuali.

Manifesto/immagine presa dal web: http://www.mymovies.it/La pazza gioia è stato incrementato da un articolo condiviso e firmato dalla scrittrice Teresa Ciabatti su facebook, un’analisi diretta, molto franca, che mi ha suscitato curiosità e spinto ad andare. Qui per il contenuto.

Il progetto di Virzì non mi ha fatto esultare, piuttosto riflettere e soffermarmi. Ho trovato la fotografia molto lontana dai miei gusti. Quando stavo visionando, mi sono resa conto di quanto con oculatezza estrema gli autori abbiano raccontato lo stato schizofrenico di un paese – il nostro – allo sbando, inserendo due figure femminili stridenti, capaci di evidenziare come siamo tutti in balia di qualcosa di più profondo, in un centro di recupero dove è difficile controllare le dinamiche intere, con strumenti e mezzi inadatti, nonostante un personale carico di umanità e di buona qualità.

Organizzato in momenti decisi e di stacco, il lavoro ha protagoniste Valeria Bruni Tedeschi e Micaela Ramazzotti. In loro ho visto una destra malata, paranoica, con deliri di onnipotenza, e una sinistra che insegue l’isterismo di chi trascina, nonostante la chiara coscienza che si sta sbagliando, verso il baratro. Al cuore di entrambe è situata una disperazione che isola ed esula da ogni altro giudizio: il finale non rappresenta una chiusa di partito, scelta o adesione, piuttosto una pausa; una sana protezione dedicata a un bisogno estremo di recupero di fermezza, racchiuso in un bambino, figlio primigenio da salvare e/o proteggere per sopravvivere.

Non so se il valore sia stato quello di dire che le donne hanno una forza estrema, non so neppure se l’impianto sia femminista, ma ho trovato del giusto, del sano, un margine di respiro leggero, non diverso da come farei io, se dovessero capitare entrambe le situazioni – quegli stati psicotici –  alla mia persona. Un’anima mercurialis che parla e raccoglie, indica, fa di tutto, nel recuperarsi attraverso una volontà, straziata dalla propria solitudine, tramite un bipolarismo che vede e sente, riconosce una via giusta.


Un anno fa, ormai, qualcuno mi chiese cosa pensassi di Youth di Paolo Sorrentino. Neppure in questo caso andai in sala, non risposi a quel messaggio, ma ci ho sempre pensato, nel tempo. Ho atteso che venisse trasmesso da Sky cinema quando ormai il clamore si fosse abbassato e/o controllato. Di lui, dico di Sorrentino – chi mi conosce lo sa – apprezzo molto l’inserimento che compie nello sberleffo all’arte contemporanea. Manifesto/immagine presa dal web: http://www.mymovies.it/E’ onesto e non si maschera dietro l’ipocrisia, spietato e ironico, grottesco, da buon napoletano, sceglie due protagonisti alla fine del loro tempo per raccontare lo stato di sclerotizzazione di maschi, che inseguono egoisticamente le loro strade sfruttando ogni mezzo per reprimere i loro vuoti. Due Maestri, un musicista e un regista, che si illudono, vivono per il proprio lavoro, narcisisticamente l’uno, e di solitudine l’altro, per proteggersi dalla melanconia, dalla sottrazione di qualcosa che li ha castrati: la fine di un mito.

Di tutto, ho apprezzato un’unica situazione, quando arriva lo svelamento – la pulizia di coscienza – nel discorso di simulazione interpretato da Michael Caine (il musicista). E’ un momento preciso che si svolge a Venezia, in una clinica/ospizio, una scena in cui fa credere di essere pentito e si scarica dalle frustrazioni di irresponsabile verso una moglie inerte alla finestra senza luce. Una luce, che rimane proiettata sulle spalle di un uomo che al fianco ha un mazzo di fiori i cui colori sfumano e rappresentano il tricolore della bandiera italiana mentre fluiscono parole per un finale alla stragrande.

Virzì e Sorrentino:
Paolo/Paolo.

Registi:
Diversi/stridenti.

Protagonisti:
due femmine/due maschi.
Giovani donne/vecchi maestri.

I luoghi:
Strutture di accoglienza e riabilitazione.

Il pieno/il vuoto, nel mezzo, l’Italia.

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