Borgo sud – Donatella Di Pietrantonio #libri [#recensione]

Quando ho letto L’arminuta alcuni anni fa, ho riconosciuto il legame che ho con l’Abruzzo, la terra di Donatella Di Pietrantonio e quella sulla quale vivo anche io. In quel caso la storia raccontava di un rito di passaggio. Era praticato tra le famiglie più povere da persone che lasciavano i propri figli a parenti lontani come atto di dono che spesso ricadeva nelle cure di una zia di famiglia più sfortunata dal punto di vista della maternità e con più possibilità economiche per la sopravvivenza dei bambini. Un qualcosa di intricato che mi ha sempre turbato e ha lasciato pensare che tutto l’argomento ha poco a che fare con l’amore.

Borgo Sud racconta gli stessi personaggi e li colloca in età adulta. Due sorelle che si sono riconosciute e per le quali l’unione è radicata dalla presenza di una madre – l’idea che ci siamo fatti di quella figura che ognuno di noi porta addosso e con la quale bisogna fare i conti nei momenti più duri della propria esistenza. 

La scrittrice parla dell’andare dal paese e ritrovarsi in una città di mare, tornare dell’estero per i fare i conti con quelle situazioni che si portano addosso da una vita, permette di avere chiara la dimensione che unisce genitori e figli in una guerriglia verbale continua e alla quale si aggiungono le scelte e i risultati ottenuti per pensare al proprio futuro.

In Borgo Sud – il contesto nel quale si tesse la storia – è quello delle famiglie marinare, dei quartieri più duri dove risiede la vera anima di Pescara, in Francia e in una delle tante colline che caratterizzano l’Abruzzo. Si intrecciano ad argomenti che mettono al centro religione, omosessualità, violenza casalinga – fisica e psicologica – l’accettazione e la menzogna, il cambio di percezione sulle cose e sulle persone. Il rimando agli spazi e agli edifici, alle ombre, al ruolo decisivo delle descrizioni degli ambienti che si attraversano e che identificano lo stato d’animo nel duro cammino di rivelazione del personaggio protagonista. 

Donatella Di Pietrantonio ha un ritmo di scrittura molto pacato e allo stesso tempo la capacità di schiaffeggiare all’improvviso il lettore con una descrizione che ti sgrana gli occhi con molta durezza su alcune verità taciute.

Dietro la sua narrazione si svela sempre una grande attenzione verso questa regione, ne ripercorre gli ambienti, le tradizioni, ricorda quanto fotografi e scrittori la abbiano parlata. Quando dico questo mi riferisco ai passaggi in cui ricorda Ignazio Silone, gli scatti di Mario Giacomelli e quelli di Henri Cartier-Bresson ai quali si aggiunge il ruolo della letteratura nella proprio formazione nel citare Louisa May Alcott o catturare alcuni aspetti delle poesie di Cesare Pavese.

Il cuore di questo lavoro, per me, rimane il tradimento, il silenzio, il bene taciuto. La paura di abbandono che è chiara nella dichiarazione lanciata dalla foto di copertina del libro.

Io lo consiglio!

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